MANIFESTO POLITICO
Perché il Pride?
Anche se la ricorrenza dei pride è il 28 giugno per ricordare la rivolta di Stonewall, la lotta per il riconoscimento delle persone LGBTQI+ perdura da secoli con modi, approcci, visioni e tattiche diverse. Non faremmo onore alla storia cui aggiungiamo quotidiani tasselli se affermassimo che tutto cominciò con la rivolta di Stonewall, anche se fu la svolta più significativa che ancora oggi ci segna e che celebriamo con i Pride in tutto il mondo. Prima dei moti del 28 giugno 1969 ci furono le comunità informali, la Mattachine society, le Daughters of Bilitis, le riviste, i luoghi di aggregazione; ci furono scrittori, intellettuali, poeti, scienziati che con la loro opera hanno attivato il movimento che oggi conta milioni di adesioni nel mondo.
È il nostro un percorso dove le lotte collettive spesso prendono slancio e identità dalle esigenze individuali, dai vissuti delle persone e da necessità umane contemporaneamente singolari e universali in un turbinio di identità e rivendicazioni, di lotte e di sacrifici, di successi e di sconfitte. Come tante gocce di pioggia, se prese singolarmente non sono nulla ma quando si concentrano tutte insieme creano una tempesta che sconquassa la società dei benpensanti, dei tradizionalismi, delle vacue abitudini, delle imposizioni morali, delle leggi vetuste, delle prassi intoccabili, dei moralismi da due soldi, dei luoghi comuni.
Questa rivoluzione l’hanno fatta tanto intellettuali quanto diseredati/e, persone marginali quanto figure in vista; l’hanno fatta persone trans quanto omosessuali, prostitute e prostituti quanto poeti e scienziate, genitori quanto famiglie… tutte spinte dall’inesauribile forza che ancora oggi scaturisce dai nostri corpi, dalle nostre relazioni, dal nostro bisogno di esistere, dalla nostra umanità.
Ma tutte queste spinte, anche se contrastanti, anche se contraddittorie, anche se a volte conflittuali, devono trovare unità nel principio di libertà, rispetto e di visibilità di cui i Pride sono una rappresentazione altissima. Infrangere gli schemi è necessario, è quello che si fa quando in una democrazia si usa la propria libertà fino in fondo; sfidare i luoghi comuni esigendo allo stesso tempo rispetto è una forza di trasformazione della società; rispettarci nelle nostre battaglie anche se si portano avanti concezioni diverse; imporre la propria visibilità a un mondo che vorrebbe continuare a far finta che non esistiamo è il baricentro di tutte le nostre manifestazioni.
Perché il Rimini Summer Pride?
Il Summer Pride di Rimini è il pride dell’estate nella capitale dell’estate, con tutti i significati che questa dimensione porta con sé. Noi che lo mettiamo in piedi – persone trans, gay, lesbiche, bisessuali, donne e uomini etero, nonbinarie, padri e madri, queer, con disabilità – viviamo il Summer Pride come l’occasione di usare la ricerca della felicità come forza propulsiva per le nostre battaglie, con gli occhi pieni di bellezza e il sorriso sereno di chi conosce benissimo la strada da percorrere e che nessuno riuscirà mai a impedirlo.
I pride sono un caso unico nella storia dell’umanità, sono le uniche manifestazioni di protesta dove la gente è felice. È felice di essere lì insieme a tante altre persone affini, è felice perché fa la sua parte per cambiare il mondo, è felice perché c’è la musica, l’allegria, l’euforia, la creatività, e pure le esagerazioni creative, le sfide ai benpensanti, la voglia di star bene. Per questo lo facciamo al tramonto, sul lungomare, pieno di musica e di divertimento: è il nostro modo di lottare.
Per noi quel giorno è il giorno in cui le difficoltà quotidiane, le sofferenze, le emarginazioni e le frustrazioni lasciano il passo all’ottimismo, all’allegria, alla festa di chi sa di avere già vinto (ma che deve avere ancora pazienza).
Sono solo queste le motivazioni che spingono la gente a partecipare a un Pride? Ovviamente no, ogni persona ha un vissuto e perciò noi non pretendiamo di rappresentare nessuna universalità, e ogni persona decide se unire il suo vissuto alle altre, le sue idee alle altre, con il patto inviolabile del rispetto delle differenze e delle individualità e delle regole di sicurezza.
E il rispetto deve essere anche per i nostri sforzi, le nostre mancanze e i limiti inevitabili di un’organizzazione fatta di persone volontarie e di scarsità di risorse. Se credete che si possa fare di meglio, e sicuramente si può, unitevi a noi e aggiungete il vostro tassello al Summer Pride.
L’edizione 2024 si intitola “NOI SIAMO TEMPESTA” perché ogni partecipante è un(‘)eroe che cambia il mondo come le gocce d’acqua in una tempesta, ma ricorda anche due grandissime mancanze che ci hanno colpiti nell’ultimo anno. Michela Murgia, perché così si intitola uno dei suoi libri, e Claudio Tempesta, famoso DJ e grandissimo amico e collaboratore del Summer Pride, che ci ha lasciati poche settimane fa. Noi Siamo Tempesta.
La gravità della situazione italiana e mondiale
Per quanto possa apparire incredibile la lotta per la libertà e la dignità delle persone LGBTQI+ è diventata un fatto geopolitico. Dopo una ventennale evoluzione da parte delle democrazie liberali che ha permesso di fare notevoli passi avanti (solo per fare un esempio oggi più del 50% della popolazione mondiale oggi vive in Paesi che riconoscono il matrimonio egualitario, il primo fu l’Olanda nel 2000), oggi assistiamo a una nuova destra autoritaria, sovranista, isolazionista che ha tra le sue fattezze identitarie il ripristinare le discriminazioni, negare i diritti e tornare a emarginare le persone LGBTQI+.
Il contesto internazionale è inoltre irrigidito da due guerre che portano con loro distruzione e violenze intollerabili. Una alle porte d’Europa da parte di Putin nei confronti dell’Ucraina, una ingiustificabile guerra d’invasione che deve vedere presto l’alba di una pace giusta e dignitosa per il popolo ucraino. L’altra è la guerra di Netanyahu scaturita da un atroce attacco terroristico e diventata un massacro per il popolo palestinese, un terrorismo scientifico all’ennesima potenza per cui è necessario chiedere con forza il silenzio delle armi e la voce della diplomazia.
Non è un caso se Putin ha fatto inserire il movimento LGBTIQI+ tra le organizzazioni terroristiche, in linea col suo più forte alleato in Europa Orban.
E l’Italia non sta a guardare, col governo reazionario e menzognero di Giorgia Meloni si qualifica per essere l’unico Paese occidentale e fondatore dell’Unione Europea che regredisce in modo grave sui diritti reali delle persone LGBTQI+ e in generale per le libertà civili e la dignità delle donne. Una regressione estremamente preoccupante che questa stessa destra aveva già cominciato a preparare nella scorsa legislatura con l’affossamento del DDL Zan e i ributtanti cori di gioia dei senatori che godevano a mantenere un pezzo della popolazione italiana in condizioni di sofferenza e discriminazione impunita. Va però detto che si è trattato di una sconfitta devastante della politica democratica e laica nella sua interezza, perché ha evidenziato la difficoltà del nostro Paese a emanciparsi da pregiudizi e luoghi comuni anche da parte di una non trascurabile parte dei partiti progressisti che, storicamente, sono quelli sempre stati più vicini al nostro movimento – in mancanza quasi totale di una destra di respiro europeo, laica, liberale e non postfascista che nel resto d’Europa ha invece contribuito al progresso dei diritti civili. Facciamo perciò un appello per un rinnovo profondo delle dinamiche di rappresentanza dei corpi di partito, di tutti i partiti, e dei vari livelli di governo in modo che queste vergogne non si verifichino più.
Sotto la foglia di fico del non aver toccato nessuna legge che ci riguardi, il governo del “signor” Meloni si è contraddistinto per:
- attacco frontale ai percorsi per le giovani persone transgender con ispezioni intimidatorie e strumentali, anche con la odiosa complicità di parti dell’opposizione
- La criminalizzazione universale della gestazione per altri è una mossa inaudita che non solo umilia le tante famiglie, non solo omogenitoriali, che hanno potuto completarsi con figli e figlie, ma ci pone in aperto contrasto al diritto internazionale e di tanti Paesi democratici in cui la GPA è legale con tutele per le gestanti e praticata da molti anni
- sponda alle procure che impugnano gli atti di nascita delle famiglie arcobaleno già trascritti
- L’inserimento dei provita nei consultori per le donne che intendono praticare l’interruzione volontaria di gravidanza, pagandoli con fondi del PNRR, è uno schiaffo alle battaglie femministe e alla libertà delle donne
- la mancata firma dei documenti a sostegno dei diritti LGBTQI+ e in difesa della IVG è una vergogna assoluta che ci ha qualificati come ormai estranei alla tradizione democratica europea.
- il procrastinarsi del vuoto normativo che di fatto impedisce le trascrizioni di atti di nascita di famiglie omogenitoriali, con conseguenze negative soprattutto per le parti più deboli, proprio i loro bambini e le loro bambine che a parole dicono di voler tutelare, in aperto contrasto con anni di richieste da parte della Corte costituzionale
- Pratiche intimidatorie nei confronti delle scuole che adottano registri alias a tutela delle giovani persone trans e a garanzia della loro serenità
- il ricorso contro la decisione della Corte d’appello di Roma che annullava la dicitura “padre” e “madre” nelle carte d’identità
- Bocciatura al Senato del certificato di filiazione europeo che avrebbe garantito la libera circolazione di bambine e bambini delle famiglie arcobaleno nell’ambito dei paesi europei
- L’inclusione nell’elenco dei “paesi sicuri” di paesi violentemente omofobi come il Camerun per cui è previsto il carcere o la pena di morte per le persone omosessuali. Migranti omosessuali che dovessero chiedere rifugio in Italia avranno molte più difficoltà.
Le nostre richieste
Le istituzioni locali, comune provincia e regione, devono attivarsi per sopperire alle gravi mancanze e alle minacce di regressione del governo del “signor” Meloni. Sostenendo la nascita e contribuendo alla sopravvivenza dei centri antidiscriminazioni e di accoglienza delle persone LGBTQI+, rendendo operativa in modo più incisivo la legge regionale 15/2019 contro le discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere, favorendo la nascita di punti di riferimento nelle ASL per le persone transgender, impegnandosi in una profonda attività di promozione della formazione a tutte le persone dipendenti pubbliche del territorio regionale anche attraverso la collaborazione delle associazioni del territorio, sostenendo le iniziative culturali che possono trasformare la società. Occorre favorire la nascita di reti di collaborazione tra le associazioni LGBTQI+ del territorio e la creazione di luoghi sicuri e protetti dove svolgere le funzioni di accoglienza, socializzazione, tutela anche attraverso la concessione di strutture come previsto dalla recente legge regionale sul terzo settore. Favorire le carriere alias non medicalizzate nelle scuole della regione di ogni ordine e grado.
Il nostro Paese si contraddistingue per due colossali lacune che lo pongono ormai dietro anche l’Ungheria di Orban. Il matrimonio egualitario e l’estensione della legge antidiscriminazioni anche ai reati contro le persone LGBTQI+ sono il minimo di civiltà che ci si deve aspettare da un Paese civile e democratico. A questi bisogna aggiungere:
- percorsi non medicalizzati di affermazione di genere, ripristino e diffusione dei protocolli per i bloccanti della pubertà, snellimento e semplificazione delle procedure per il cambio del nome anagrafico
- formazione ai docenti nelle scuole per il contrasto del bullismo omolesbobitransfobico anche nelle scuole paritarie
- divieto assoluto alle pratiche di conversione dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere, una vera violenza psicologica inammissibile
- Una legge che permetta il pieno riconoscimento delle famiglie omogenitoriali con il riconoscimento dei loro figli e figlie direttamente da parte dei comuni sulla scorta di quanto chiesto ripetutamente dalla Corte costituzionale
- Rinuncia alla persecuzione universale delle pratiche di gpa almeno nei confronti dei Paesi dove essa è normata e tutelata dalla legge contro lo sfruttamento delle gestanti
- riconoscimento del certificato di filiazione europeo
- trasformazione di UNAR in authority indipendente e non più alle dirette dipendenze della presidenza del consiglio
- garanzia del diritto reale di interruzione volontaria di gravidanza per le donne superando l’obiezione di coscienza
- eliminazione del vincolo eterosessuale e bigenitoriale delle pratiche di procreazione medicalmente assistita
- Riforma del diritto di famiglia con la possibilità di adozione per single e per genitori omosessuali
- Tutela dei e delle migranti LGBTQI+ che provengono da Paesi gravemente omofobici e transfobici